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La Defusione Cognitiva è uno dei sei processi chiave individuati dall’ACT (Acceptance and Commitment Therapy).

L’ACT è una terapia cognivo-comportamentale di terza generazione che promuove il cambiamento e il benessere. Basata su evidenze sperimentali si è dimostrata efficace nel trattamento psicologico del dolore cronico.

La Fusione Cognitiva è la naturale tendenza umana a interagire con gli eventi in base alle interpretazioni e ai significati cognitivi attribuiti a tali eventi piuttosto che in base alla realtà oggettiva dei fatti degli eventi stessi.

La Fusione Cognitiva non è un meccanismo psicopatologico di per sé. Il cervello umano non è un computer e utilizza dei metodi molto veloci per elaborare gli stimoli circostanti. Non potrebbe tenere conto di tutti i dati oggettivi di una situazione, pertanto analizza elementi salienti e, attraverso schemi cognitivi che si sono formati dall’interazione della propria predisposizione genetica con l’ambiente e le esperienze precedenti, interpreta le situazioni. In un certo senso possiamo dire che questi schemi cognitivi sono le lenti attraverso le quali interpretiamo il mondo, noi stessi e gli altri e diamo significato all’esperienza. Per questo motivo, la medesima esperienza viene interpretata e vissuta in modo diverso da diverse persone.

Il punto è quindi che non è la situazione a causare le emozioni, ma piuttosto è l’interpretazione che noi facciamo della situazione a causare le emozioni. I nostri pensieri automatici, il nostro dialogo interno, ci causano delle emozioni piuttosto che altre di fronte ad un fatto. Tramite il linguaggio, i nostri pensieri e quindi le nostre valutazioni cognitive producono la nostra reazione e il nostro stato emotivo e psicologico di fronte agli eventi.

Quando non siamo consapevoli di quanto il nostro linguaggio interno e quindi il nostro modo di vedere le cose ci influenza nel profondo siamo in uno stato di Fusione Cognitiva. Sostanzialmente siamo “incollati” ai nostri pensieri (e conseguenti emozioni) e leggiamo il mondo attraverso queste lenti. Per esemplificare una “maglia brutta” o una “vita terribile” risultano vere quanto “una foglia verde è verde” o “un bastone di legno è di legno”. Va da sé però che se percepisco la mia vita come oggettivamente terribile non può che conseguirne uno stato emotivo a dir poco angosciante. Questo tipo di pensieri inoltre entra nel gioco di un circolo vizioso. Per esempio, se un pensiero come “una vita così non vale la pena di essere vissuta” non viene percepito dalla persona come un giudizio verbale legato ad uno specifico contesto ma piuttosto come una conclusione realistica e definitiva rispetto alla propria vita e alla sua qualità, ci saranno conseguenze e reazioni comportamentali tipiche di quando ci troviamo di fronte a stimoli aversivi concretamente presenti e la persona tenderà a reagire in modi che producono una vita meno ricca, meno significativa, meno coinvolgente e quindi caratterizzata da eventi che andranno a confermare il pensiero stesso. Ecco quindi che può diventare fondamentale per un paziente analizzare il circolo vizioso che si crea tra i propri contenuti verbali negativi o spiacevoli e il comportamento disfunzionale.

Con la pratica delle Defusione è possibile riconoscere che i pensieri sono parole messe in fila, discorsi che si presentano nella nostra mente spesso in modo automatico (e non sempre ad un livello di coscienza) che non sempre sono oggettivamente veri. Possono esserlo ma non dobbiamo credergli automaticamente. Nessun pensiero rappresenta quindi una realtà o una minaccia reale e ha senso concedergli tempo, energie ed attenzione quando sono utili ed è importante valutare quando invece, non solo sono inutili, ma sono dannosi.

La letteratura scientifica ci dice che quando una persona prova, con sforzi crescenti, a eliminare o modificare determinati pensieri che giudica negativi e che sente di dover allontanare o controllare, diventa ancora più fuso con essi e, paradossalmente, questi aumentano di frequenza e intensità. Il lavoro terapeutico di Defusione passa quindi attraverso l’accettazione della presenza di questi pensieri, aiutando poi il paziente a svincolarsi dagli effetti della parola presa alla lettera e contestualizzando il dialogo interno. Non è quindi fondamentale il contenuto dei pensieri negativi disfunzionali, quanto piuttosto come la persona si relaziona ai propri pensieri. L’ACT promuove le capacità di rinunciare al controllo dei propri pensieri, accettarli, lasciarli scorrere e lasciarli andare, riconoscendoli per ciò che sono, ovvero linguaggio prodotto dalla nostra mente capace di provocarci emozioni e indurre comportamenti, e non realtà assolute. Diventare consapevoli della propria esperienza mentale consente di osservare i propri pensieri, le immagini mentali, i ricordi e di scegliere quanto fondersi con essi o piuttosto quanto abbassare il potere della loro influenza sul nostro presente e sulla nostra vita.

La Defusione è solo uno dei processi individuati e promossi dall’ACT ed andrebbe quindi letto in un contesto più ampio. Può comunque essere uno spunto di riflessione e un buon punto di partenza per comprendere la propria sofferenza e per decidere di riprendere in mano la propria vita.

Rapportati ai tuoi pensieri in modo nuovo, così che abbiano un impatto e un’influenza molto minori su di te. […] essi perderanno la capacità di spaventarti, preoccuparti, stressarti o deprimerti. E man mano che imparerai a praticare la defusione dai pensieri inutili, come le convinzioni che ti limitano e l’autocritica feroce, essi avranno molta meno influenza sul tuo comportamento.” (Harris, 2010)

 


 

Harris, R. (2010). La trappola della felicità. Come smettere di tormentarsi e iniziare a vivere. Erickson.

Moderato, P, Prest, G, Dell’Orco, F. (2020). ACT: Acceptance and Commitment Therapy. Hogrefe.

 

 

Luisa Allione

Author Luisa Allione

Fisioterapista e Psicologa

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